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Luca Chiomenti  1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 | 12 | 13 | 14 | 15 | 16 | 17 | 18 | 19 | 20

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ascolto comparabili ma lasciamo perdere: questa è un'altra storia...
Le evoluzioni ed i passaggi da quell'impianto iniziale sono state talmente tante che ricordarle tutte è, se non impossibile, forse inutile ma certamente noioso. Posso citare alcune tappe fondamentali. Tra queste il primo finale a valvole che decisi di costruirmi, un Williamson. Era il 1981 e l'impresa fu condotta insieme ad un amico (che alla fine tenne il finale). Oggi un Williamson può far sorridere ma, a parte il fatto che si tratta tuttora di un progetto valido, ricordo che sono passati giusto 20 anni. Allora non era semplice come oggi reperire anche solo qualche brandello di informazione sulle valvole: esse erano semplicemente scomparse. Non c'erano né apparecchi né qualsiasi tipo di notizia relativa. Non ce n'erano e basta.
Non so se i lettori più giovani riescono ad immaginare cosa significa questo: internet era molto lontano anche solo da immaginare. Qualche squarcio era dato da rarissimi articoli (Stereoplay) dove le valvole vanivano presentate più che altro come oggetti curiosi, per appassionati che volevano fare gli originali a tutti i costi, vere mosche bianche; chi c'era sa cosa voglio dire. L'autocostruzione era semplicemente L'UNICO modo per avere un finale a valvole. Ricordo che i primi ampli a valvole ricomparvero al SIM solo un paio d'anni dopo, nel famoso GEI (in seguito venne anche scritto J-HIFI, ma GEI significava, all'inizio, Gruppo Esoterico Italiano ed era una zona riservata del SIM che precedette di alcuni anni il Top Audio).

Nei primi anni '80 avevo anche recuperato dei finali a valvole professionali Philips che avevo restaurato ed ero entrato in possesso di un amplificatore che era considerato un riferimento di quel periodo, il Marantz 1150. Come sorgenti ero passato ad un giradischi Technics a trazione diretta.
Sempre nei primi anni Ottanta mi interessavo molto di registrazione, sia con vari cassette AKAI, che a quel tempo erano tra i migliori, e qualche puntata su Teac/Tascam, sia con dei bobine: ero partito dagli esperimenti con un vecchio Philips per approdare ad un National stereo più che buono per i tempi.
Quanto ai diffusori, era lì che sentivo il punto debole della catena.
All'inizio degli anni ottanta ero affascinato dal suono inglese. Mi costruii nel 1983 la prima coppia di diffusori, erano KEF, copia esatta del

modello Carlton III (2 vie con reflex passivo), quando la Kef rendeva disponibili i componenti sciolti.
Intorno alla metà degli anni '80 l'impianto era composto dal Technics più Shure (V15-III), ampli Marantz 1150 di cui usavo la parte pre, finali Philips Pro a valvole, diffusori Kef Carlton III, piastra Akai GXC-F90 e bobine National.
Cito questo impianto perché tra la fine dell'84 ed il 1986 ebbi una sorta di crisi di distacco dall'alta fedeltà, la abbandonai per quasi un paio d'anni. Oggi quell'impianto può fare sorridere ma confrontato con impianti già di buon livello dei primi anni '80 (la media erano rack giapponesi) e perfino con alcuni considerati validi oggi aveva non poco da dire. Più che un distacco dall'hifi si trattava di numerosi altri interessi personali che erano intervenuti nel frattempo: continuavo a comprare le due riviste che c'erano allora ma le seguivo solo superficialmente.

1986-1991
La svolta verso l'alta efficienza.
Nell'86 la passione riesplose e scoprii che in due anni tutto era cambiato. Le valvole erano rinate (mannaggia, dopo tanta fatica era ridiventato "facile" vedere o sentire un ampli a valvole), ma soprattutto erano cambiati i criteri di base degli impianti. Alcuni in meglio (importanza delle sorgenti e dei cavi), altri mi lasciavano perplesso (i minidiffusori a regnare incontrastati). Stava nascendo quel fenomeno (esoterico) che sarebbe poi sfociato (o degenerato) nella cosiddetta Hi-End. Poi si era diffuso il CD.
Dalla seconda metà degli anni '80 gli ampli me li sono sempre costruiti, anche se non tantissimi. Ho fatto però, moltissima sperimentazione che mi è servita in seguito anche a livello professionale, sia sulle valvole sia sullo stato solido.
Come sorgente analogica dal Technics sono tornato verso un Thorens (che non ho più e mi spiace, ho sempre cercato di non rivendere gli apparecchi: o non mi piacciono da subito o mi ci affeziono), poi sono passato per un Micro a cinghia e quindi al Gyrodec (inizio anni '90) che ho tenuto per numerosi anni, insieme al Micro. Si tratta di un oggetto equilibrato, che non brilla in niente ma non ha neppure particolari difetti né colorazioni, per questo lo apprezzo. Solo in tempi recenti mi sono deciso a degli aggiornamenti ma ormai questi fanno parte del discorso Kiom e ne parleremo meglio in seguito. Di testine ce ne sono state tante, tra le migliori ricordo la Ortofon


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