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Italo Adami  1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 | 12 | 13 | 14   

(Continua da pagina 11)

domanda  precedentemente, quando ho parlato dell' "audiofilo prigioniero, ecc".
Ma con il suo ultimo quesito mi costringe ad andare un po' in …. conflitto di interessi (anche perché, oggi,  se non hai almeno uno stupido, piccolo, marginale, sciatto conflitto d'interessi, chi sei?).

Acustica  Applicata, di cui sono socio, produce i
DAAD.
Sono congegni per il trattamento acustico  che per  fare il loro lavoro non hanno bisogno di energia elettrica, ma di …  pressione sonora.  Perciò vengono definiti
passivi, anche se ho recentemente letto che per alcuni autori sarebbe più corretto definirli attivi a causa del fatto che producono un lavoro (trasformazione della pressione sonora in calore). Tuttavia,  per comodità e per tradizione, noi li continueremo a chiamare passivi.

Il trattamento  acustico effettuato con i DAAD è ovviamente l'intervento che consiglio abitualmente, iniziando a metterne due incolonnati in ciascuno dei due angoli alle spalle dei diffusori.
A mio parere (e, fortunatamente, non solo il mio)  un dispositivo assorbitore-diffusore com'è un DAAD  che lavora  più nel dominio del tempo che in quello della frequenza, sta oggi in cima alla scala evolutiva dei trattamenti acustici. Altre trappole acustiche passive di  vecchia concezione e i tentativi d'imitazione dei DAAD, alcuni veramente pittoreschi, non hanno, rispetto alla qualità generale del suono riprodotto, un comportamento così sofisticato, efficace e neutro come quello dei DAAD. Al confronto con i DAAD, palesano risultati più scadenti in termini di diffusione sonora, in "qualità" d'assorbimento, in termini di coerente  risposta temporale.

La cosa che abitualmente fortemente sconsiglio sono i trattamenti fatti a caso utilizzando in modo indiscriminato superfici fonoassorbenti. In genere gli audiofili tendono ad impiegare questi pannelli, queste superfici, perché non occupano spazio e  perché costano poco. Peccato che questi materiali fonoassorbenti piani possiedono uno ristretto range di lavoro in frequenza e che, per inconfutabili ragioni fisiche, non possono essere efficaci alle basse frequenze. Così il loro uso indiscriminato, causa seri problemi di carenza d'energia alle alte frequenze e peggiora le basse (per effetto dell'attenuazione

dell'energia delle alte).
Sono oggetti semplici, apparentemente innocui.
I risultati che ottengono se mal utilizzati sono la peggior pubblicità per la promozione del trattamento acustico  degli ambienti d'ascolto domestici.
Trovo i nostri EcoDaad, che sono da  utilizzare come pannelli piani fonoassorbenti,  ben più  efficienti, neutri e non … "pericolosi".

Il ricorso al cosiddetto
trattamento acustico attivo dovrebbe essere limitato a quei casi nei quali non si può intervenire in altro modo. 
Quello "attivo" è un approccio che necessita di molti compromessi sonori: ancora non lo ritengo qualitativamente convincente  per situazioni realmente audiophile. Non a caso infatti, benché se ne parli dalla metà degli anni '90, questo sistema di intervento ha ricevuto di fatto scarse adesioni nel mondo audiophile.
Chi l'adotta è contento di vedere il grafico piuttosto lineare della risposta in frequenza del suo ambiente. Ciò lo tranquillizza.

Senza entrare nel merito di problemi pur importanti legati all'utilizzazione di questa tecnologia come  il "peso" e la variabilità , ad esempio, del tipo di microfono utilizzato o la possibilità di "livellare" il suono solamente in corrispondenza di una piccola porzione di spazio davanti ai diffusori, la risposta sonora che si ottiene, checchè se ne dica o si faccia, si paga in termini di risposta nel tempo e di quantità d'informazione, anche se il sistema software di correzione utilizzato dichiara di correggere anche in fase.
Se in futuro avrò modo di vedere un grafico AQT di un ambiente "trattato" con controllo digitale dell'acustica attivo che possiede una buona ed equilibrata articolazione; quando potrò ascoltare  un sistema hi-fi il cui suono è "manipolato" da un sistema di correzione digitale dell'acustica  ambientale capace di suonare restituendo un suono concreto, vivido, privo di quei problemi di fase che creano una falsa sensazione di allargamento dello spazio e di annacquamento dell'energia, allora  sarò felice di poter cambiare idea.
Seguo queste tecniche da oltre dieci anni e non ho mai misurato un significativo miglioramento d'articolazione in un ambiente "trattato attivamente", mentre ho potuto osservare ottimi incrementi con un buon trattamento acustico passivo.


(Continua a pagina 13)

 

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