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(Continua da pagina 7)
significative per ogni apparecchio misurato (di qualsiasi tipologia si trattasse).
Nel 1979 cedo alle lusinghe di Enzo Biasella e vado a dirigere l'ufficio Ricerca e Sviluppo della ESB (composto da me, un altro ingegnere ed un perito chimico (praticamente con ruolo di disegnatore, ma capace di industrializzare qualsiasi cosa). Grazie al nuovo impiego, ben pagato, compro casa, mentre i miei amici di Suono vivono l'esperienza del fallimento del Gruppo.
Nel 1981 (io ero alla ESB) gli ex di Suono decidono di fondare la Technimedia per pubblicare MCmicrocomputer (in concorrenza con la Micro & Personal Computer del Gruppo) e Audio Review (in concorrenza con Suono e Stereoplay). Io vengo contattato da Paolo Nuti che, ricevuto un diniego da Giancarlo Gandolfi (direttore tecnico della RCF di Reggio Emilia) mi chiede se posso fare le prove delle casse per Audio (utilizzando la camera anecoica della ESB, appena realizzata su mio progetto originale) come Gandolfi le faceva per Suono e Stereoplay. Io dico di si, ma chiedo anche di acquistare delle quote della Società. Stessa cosa avrebbe voluto fare mio padre, ma la regola era che i soci dovevano anche lavorare per le riviste (una specie di cooperativa sotto le mentite spoglie di una s.r.l.). Dato che io lavoravo già alla ESB si supponeva che non potessi fare più di tanto e mi venne concesso di acquistare solo il 10% (per 15.000.000, mentre Paolo Nuti aveva circa il 22%). I soci erano otto: Bo Arnklit, Marco Marinacci, Alberto Morando (che lavorava per la Selenia), Paola Pujia, Maurizio Ramaglia (marito della Pujia), Paolo, Franco Gatta ed io Renato Giussani.
Alla fine del 1984 decisi di lasciare la ESB (Biasella, alla mia sollecitazione di produrre più casse in legno massello e meno in vinile - di lì a poco assistemmo infatti ad interessanti risultati della Canton, nonché della Chario e della Sonus Faber - mi aveva detto che avrei dovuto pensare solo a progettare certe scatolette che aveva in mente lui...) e di lavorare a tempo pieno per la Technimedia. Non fu una decisione facile, dato che i miei compensi sarebbero diminuiti di un paio di milioni al mese, ma ero sicuro che il mio futuro
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era lì. D'altronde, Paolo Nuti (il cosiddetto socio di riferimento e leader del gruppo) sapeva bene che la mia presenza in Technimedia poteva aiutare non poco Audio Review che, all'epoca, vendeva in edicola la metà di Suono. L'impulso che potemmo dare alla cosiddetta "sezione altoparlanti" di Audioreview ed all'autocostruzione (realizzammo subito diversi kit e, sollecitato da Paolo, iniziai a scrivere la serie di articoli sulla progettazione delle casse acustiche e sui filtri di crossover che mi portò anche a scrivere i programmi Bass e Cross, prima nelle versioni per Commodore 64 e poi per PC IBM). Le vendite di Audio Review cominciarono a crescere a buon ritmo e nel giro di un anno superammo Suono.
Nel 1986 la Technimedia guadagnava bene (MCmicrocomputer, diretta da Marco Marinacci) era la rivista di computer di gran lunga più importante d'Italia e i suoi utili lordi erano sempre molto alti), ma io facevo ancora, più o meno, lo stesso lavoro che avevo fatto di dieci anni prima a Stereoplay. Ero desideroso di occuparmi di qualcosa di nuovo. Dissi ai miei soci che, se non avessimo avuto qualche idea migliore, avrei potuto occuparmi della pubblicazione di un annuario di Alta Fedeltà, e magari anche di periferiche per computer MSDOS (allora la evoluzione delle apparecchiature e dei prezzi era molto meno convulsa di oggi ed un repertorio semestrale avrebbe potuto essere abbastanza utile).
Nel frattempo, gli interventi ed i consigli di Paolo Nuti e miei sul fronte informatico e telematico, consentivano alle varie iniziative Technimedia di rimanere agganciate all'evoluzione tecnologica del mercato. All'epoca, provammo addirittura ad ipotizzare una rivista di prodotti cosmetici (anche per uomo... Evidentemente un po' in anticipo sui tempi) e, fra l'altro, registrammo anche la testata Personal Robot. Infine, un conoscente di Nuti (tale Augusto Veroni, regista di trasmissioni musicali per conto di radio rai) gli propose di mettere a punto e seguire per la Technimedia una rivista di orologi.
La mia reazione fu molto positiva e venni incaricato di curarne la direzione editoriale. Il primo anno Orologi ebbe un utile di circa 200 milioni e negli anni successivi la crescita (Continua a pagina 9)
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