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LETTERE ALLA RIVISTA | 2000

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LETTERE ALLA RIVISTA

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LETTERA N. 13/2000  1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6

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chiamare le Forze Armate.

Un altro semplice calcolo ci ricorderà che se con 1 W si hanno 100 dB di sensibilità, ne basteranno 2 per ottenere 103 dB: essendo i diffusori in copia, otteniamo 106 dB. Dato che la pressione acustica è tantissima e che le valvole generano un clippaggio morbido, fissiamo in 1,5 W il valore teorico di potenza minima che deve possedere l'amplificatore per far urlare a squarciagola le Everest. Urlare, però con la massima qualità possibile. Certo se desideriamo rischiare la sordità, 100 W sono più che sovrabbondanti allo scopo.

E' luogo comune diffuso, che occorra collegare ai diffusori mostri da duecento o più Watt, per una serie svariata di ragioni che sono quasi tutte dei pretesti per vendere oggetti più costosi. Diversamente da tutti, sostengo che a
parità di potenza suona meglio l'amplificatore meno potente se ben progettato (non ho detto minimalista). Questo suonerà sempre meglio del suo "collega" altrettanto ben progettato ma più potente, per il solo fatto che il circuito è meno complesso e più efficiente. Nessuna rivista specializzata vi confermerà questa teoria… Uno dei motivi per cui un diffusore ad alta efficienza suona male è proprio questo: l'ostinazione di dovere utilizzare amplificatori potenti dal costo più basso rispetto ai "colleghi" meno potenti. L'alta efficienza, come anche i diffusori di grandi dimensioni a tre o più vie, mettono maggiormente in evidenza di limiti esistenti.

Torniamo ad analizzare il problema del nostro lettore nei limiti insiti nell'assenza di una rilevazione diretta.
Credo nell'esistenza di un
eccessivo riverbero che genera rimbombo o rinforzo di determinate frequenze. Occorrerebbe verificare a quale frequenze si verifica tale fenomeno. Inoltre, il rinforzo della gamma bassa è un

problema comune a diffusori nati con compiti prettamente professionali o diversi dall'impiego casalingo. Pertanto, il procedimento corretto è quello di verificare le diverse distanze dalla parete di fondo, lasciando inalterata la distanza di 1,20 metri. Tutti gli ambienti si comportano differentemente; generalmente, distanze multiple generano lo stesso fenomeno, per cui in quelle intermedie tra quelle multiple, il fenomeno potrebbe scomparire o mitigarsi. Direi, inoltre, di procedere innanzitutto con i diffusori a ridosso della parete posteriore: è una soluzione osteggiata per errate convinzioni, ma spesso è quella vincente.

Perché nel precedente ambiente di ascolto, non vi erano problemi ora lamentati adesso?
Due sono le risposte. La prima risiede nelle
dimensioni del locale d'ascolto. Nelle stanze di piccole dimensioni, la frequenza più bassa udibile è determinata dalla lunghezza della diagonale della stanza. Più la sua misura sarà ridotta, minore sarà l'estensione verso le basse frequenze; connaturalmente, minori (se non assenti) saranno i problemi relativi al riverbero ed eventuali rinforzi e code sonore.
Un locale di ascolto più grande, in grado di fare percepire i 20 Hz (diagonale: 8,6 metri), metterà in evidenza problemi che in altro ambiente non potevano essere percepite. Tali problemi rientrano nella normalità, quando il locale possiede determinate proporzioni, al di fuori delle quali, si assisterà alla loro enfatizzazione. In questi casi, si interviene inizialmente con l'arredo minuzioso del locale e, successivamente e se necessario, con specifici interventi mirati.

Riguardo i
trattamenti acustici suggeriti dal nostro lettore, sono scettico.
L'idea d'utilizzare le doppie pareti è perfetta se si tratta di diminuire il riverbero o l'eco. Per quanto riguarda i problemi a bassa frequenza, occorre


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