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rispondi per alleviare la morsa della loro sofferenza. Sono proprio le Work Song il "brodo primordiale" da cui si svilupperà in seguito la musica moderna sotto la forma di Jazz, Rock e Blues.
L'ultimo brano del disco si intitola Tears For Johannesburg, commemorazione del massacro di Sharpeville avvenuto pochi mesi prima dell'uscita dell'album. Un brano triste dove le sensazioni dei musicisti si leggono senza mezze misure sul titolo stesso. Un arrangiamento, quasi da big band, con solo di tromba, sax tenore, trombone, batteria e percussioni. Notevole per passione l'interpretazione della Lincoln. È lei il motore del brano e dell'intero disco. Da brividi il suo finale. Siamo alla fine, la Goldring imbocca la "spirale larga" e si pianta sull'ultimo anello, pronta ad una nuova escursione in questi stupendi solchi di "plastica nera"…
Ascoltando la musica Jazz, specie quella strumentale, a volte capita di provare senza successo ad immaginare quale fantasia o quale ispirazione si nascondono dietro al titolo di un brano. Non è questo il caso. A partire dal titolo dell'album tutti i riferimenti sono il massimo dell'esplicito. I sentimenti, e perché no, anche il significato sociale con quello politico, sono riproposti senza filtrazioni di sorta. L'album è un inno al "Freedom Day" per tutte le civiltà e le culture oppresse. Oltre il disco in senso artistico, una marcia di neri al grido di "Freedom Now" ed è questa la loro "Suite". Trentacinque minuti a proposito dei quali si potrebbe parlare per ore e scrivere un libro. Enorme il suo impatto emotivo, enorme il contenuto artistico.
Anche se abbondantemente eclissato dallo spessore della musica, due parole sulla qualità del suono registrato. La ristampa in vinile recensita se la cava egregiamente, soprattutto se si considera che, prima di adesso, il disco avrà
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