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dell'eccellente materiale di partenza e di una piacevole ed azzeccatissima rivisitazione in una chiave più attuale. Il sound rimarrà sostanzialmente invariato, a parte l'aggiunta di tastiere e qualche tocco di archi a favore di sonorità più moderne. Scompare invece, in queste versioni, l'impronta Lo-Fi dei VELVETS prima maniera, quell'impronta volutamente sporca che aveva contribuito ad enfatizzare il carattere alternativo di questa musica sul finire degli anni '60.
Quest'album sviluppa e consolida quanto i VELVETS avevano proposto l'anno precedente con il disco prodotto da ANDY WARHOL. L'accoppiata REED e CALE, ovvero pura energia sonora ed innovazione tocca nuovamente apici di livello artistico assoluto. La sperimentazione elettrificata unita alla claustrofobia inquieta di un sound "UNDERGROUND" più che mai, definiranno nuovi standard di riferimento per tutto il movimento NEW WAVE a venire. I discepoli di questa scuola non saranno molti, tra i più famosi, soltanto i PERE UBU, i SONIC YOUTH gli YO LA TENGO e ROY MONTGOMERY, sapranno rivisitare, reinterpretare e ricostruire da queste
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fondamenta.
E' un album che come il precedente dei VELVETS suscita emozioni profonde, interiori. La musica, a tratti acida, a tratti dura e a tratti ipnotica non lascia spazi vuoti. La tensione ricreata, suscita un senso di oppressione costante, quasi paranoico. Le galoppate elettriche (SISTER RAY su tutte) sono arrembaggi senza fine capaci di indurre l'apnea a chi ascolta. L'allontanamento dalla forma canzone tradizionale e dalla sofisticazione con il conseguente inquinamento sonoro è netto e costituisce il primo comandamento della band.
Nello stesso periodo dall'altra parte degli States la musica ROCK stava stabilizzandosi su ben altre sonorità, ma sarà proprio questa stratificazione, questa effervescenza, nei tre, quattro anni a seguire artefice di un periodo storico unico ed irripetibile per quanto riguarda tutto il movimento ROCK.
Luca Buti
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