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viaggio fino a casa della sua ragazza, decide di raggiungerla facendosi imballare, con dei viveri, dentro uno scatolone per essere spedito per posta all'indirizzo di MARSHA. L'idea bizzarra si trasforma però in tragedia quando MARSHA, appena ricevuto il pacco di cartone dal postino decide di aprirlo piantandoci in mezzo la lama di un paio di forbici. Sia la voce di CALE, sia la base strumentale fatta di basso, chitarra e drumming contribuiscono ad accentuare le inquietudini passate in rassegna in questo brano: frustrazione, eccitazione, fatalità e dramma. Molto realistica la tensione creata dall'accoppiamento tra voce e musica: il discorrere delle parole rimane granitico ed imperturbabile, la base ritmica cambia spesso di tempo, accentua di volta in volta le distorsioni, aumenta in progressione il volume. Lo Zenit viene raggiunto in corrispondenza del trafiggimento della scatola con le forbici e della conseguente uccisione di WALDO. In questo passaggio, la chitarra evidenzia la drammaticità di quanto accade lasciandosi andare ad una sequenza di note distorte suonate a ritmo selvaggio quasi incontrollato, come a descrivere con la musica, il dissanguamento di WALDO.
La track numero 3 è LADY GODIVA'S OPERATION una splendida dark song nella quale CALE canta la prima parte e REED la seconda. Particolare l'interpretazione di CALE che strascica le vocali finali di ogni fine verso doppiato, sillaba dopo sillaba, dalla chitarra fino all'entrata del languido parlato di REED, prima in sovrapposizione, dopo in solitudine, ed infine di nuovo con CALE in duetto. La musica di background è illuminata dalla chitarra di REED che ricicla la stessa melodia variata ogni volta da effetti sonori.
Segue HERE SHE COMES, un altro brano cantato da CALE. Una breve canzone dolce ed orecchiabile con tre elementi distintivi: la ritmica, sostenuta dalle battute del tamburello basco, la
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parte melodica supportata dalla chitarra acustica e la sezione vocale a ripetere, per tutta la durata del brano, lo stesso ritornello.
La seguente I HEARD HER CALL MY NAME introduce nuovamente le atmosfere elettriche e noise A-LA-VELVETS. REED apre con un assolo distorto di chitarra: nevrotico, pulsante ed irrequieto; così come irrequieta è la sua voce nel duetto con il coro degli altri VELVETS. La sezione ritmica di batteria e chitarra inizia e finisce ad un ritmo velocissimo, molto trascinante, ma è la chitarra solista di REED dominatrice in solitario dei due minuti finali per uno dei suoi più grandi assolo di sempre, un assolo acidissimo, saturo di distorsione con passaggi improvvisati in un'atmosfera di caos.
Chiudono il disco i quasi 18 minuti di SISTER RAY. Una lezione di organo per AVANT-GUARDE ROCK. Le sonorità sporche alimentano una continua pulsazione ritmica emotivamente avvertibile come una tensione interiore che va e viene. In primo piano si fissa il duetto noise costruito dalla voce di REED più l'organo e dal contrasto con la chitarra elettrica. La batteria propone continuamente cambi di tempo per quello che alla fine si tramuta in una ballata schizofrenica, in un trip a MAC2 appoggiato su un background oscuro, sovraccarico di suoni che non lascia ne' spazi, ne' respiro. Una matrice sicuramente innovativa, riutilizzata da numerose band alcune generazioni musicali dopo.
I brani WHITE LIGHT / WHITE HEAT, THE GIFT e I HEARD HER CALL MY NAME verranno rieseguiti dalla stessa formazione di quest'album nel Giugno del 1993 all'Olympia Theater di Parigi per quello che verrà successivamente chiamato LIVE MCMXCIII. Questi tre brani saranno capaci di brillare nuovamente di luce propria anche a venticinque anni di distanza in virtù (Continua a pagina 4)
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