|
|
|
|
|
|
(Continua da pagina 2)
Mark Johnson al contrabbasso, Philly Joe Jones alla batteria e Lee Konitz come artista ospite ottiene un trionfo e sembra in buona forma fisica. Nell'ultima tourneè, che avviene nel luglio 1980 invece Bill appare molto sofferente, nulla lascia presagire da li a poco la fine imminente, ma in proposito le dichiarazioni dei due collaboratori sono desolate ed egli stesso, in un locale di Milano, gela alcuni amici con una frase che non permette dubbi. D'altra parte, l'ulteriore distacco dalla platea con cui lo si sente suonare e l'introspezione ai massimi limiti possibili sono proprie di chi prende congedo.
Massimo Bianchi
Con il grande aiuto di "Jazz" di Arrigo Polillo, che mi ha aiutato (spero) a farvi comprendere le straordinarie doti musicali di Bill Evans
COMMENTO DEL Maestro Alessandro Collina
Ho il piacere di presentarVi un mio caro amico col quale ho condiviso diverse giornate di sano ascolto di musica approfittando anche della sua sapienza perché musicista professionista ed insegnante di musica, diplomato al Conservatorio di La Spezia per pianoforte classico ed attualmente iscritto al terzo anno del Conservatorio di Nizza (Francia) per pianoforte jazz: la parola ad Alessandro Collina:
Luminoso, impressionista, ma anche introverso, timido: così si presenta Bill Evans con questo disco che senza esagerare ha segnato la storia del jazz. Questa registrazione, pur con tutti i rumori di fondo, tipici del Vanguard ancora inteso come locale di intrattenimento, mostra grandi novità rispetto al passato. Da un punto di vista formale possiamo affermare che nessuno fino ad allora aveva osato, in una
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
formazione da trio (pianoforte, contrabbasso e batteria) indicare sulla copertina come coprotagonista il "contrabbassista"; non tanto per un fatto di immagine quanto per sottolineare che lo strumento svolgeva si un ruolo di preciso ed attento accompagnatore (ritmico) ma anche di improvvisatore (melodico). Il grande Scott La Faro ha dimostrato di essere all'altezza della situazione, divenendo punto di riferimento per le nuove generazioni. Da un punto di vista estetico, Bill Evans, attingendo dal proprio curriculum di tipo classico, è stato in grado di sviluppare novità armoniche in cui si riflettono una genuina attenzione per Satie e Debussy, ma anche risentono della precedente esperienza nel sestetto "Davisiano". Esperienze cool e sonorità classiche si fondono nell'inconfondibile stile che contraddistingue il pianismo Evansiano.
Alessandro Collina
|
|
|
|
|
|