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JAZZ STRUMENTALE | Eric Dolphy - Out to Lunch  1 | 2 | 3 

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alto, clarinetto basso e flauto traverso. L'impronta innovatrice di OUT TO LUNCH! traspare anche dagli strumenti utilizzati dal quintetto, come il vibrafono, il flauto e il clarinetto, strumenti scarsamente diffusi nell'ambito del JAZZ TRADIZIONALE.

La ristampa in CD recensita appartiene alla serie THE R.V.G. EDITION, registrazioni curata dallo stesso guru del sound engineering della BLUE NOTE, RUDY VAN GELDER. I master originali sono stati rimasterizzati in digitale a 24 bit, il risultato finale è eccellente: immagine sempre ferma e a fuoco; ne' saturazione, ne' sgranamento; hiss di fondo ridotto ai minimi termini. Unica piccolissima sbavatura è l'eccessiva pulizia sulle alte frequenze, tale da far apparire certi suoni (i piatti della batteria per esempio) un po' troppo artificiali, come prosciugati.

Anche se non avrà l'effetto devastante del FREE JAZZ del doppio quartetto con COLEMAN registrato insieme qualche anno prima, OUT TO LUNCH! è un disco che si scontra decisamente con l'ortodossia melodica del periodo. La componente FREE è tangibile ma, ogni singolo brano valutato nell'insieme del disco suona come niente aveva mai suonato fino ad allora, una sorta di JAZZ DA CAMERA, come verrà successivamente definito. JAZZ DA CAMERA che fonde i dettami della corrente FREE con l'esperienza avuta da DOLPHY nei due anni precedenti la registrazione nell'ambito del THIRD STREAM e le conseguenti collaborazioni con SHULLER e la USA ORCHESTRA.

Logisticamente parlando, per DOLPHY è anche il primo album registrato durante la sua permanenza NewYorkese dopo aver suonato per diversi anni nell'area di Los Angeles. La sua visionarietà, lo porterà, in questo lavoro, ad una scissione netta con il passato, a comporre

scordandosi delle scuole precedenti, come se poco o niente, prima di allora fosse stato fatto. La sua musica si sviluppa soprattutto in senso verticale separandosi definitivamente dal JAZZ MODALE. Le sezioni di basso e batteria alimentano una pulsazione free time basata su complesse multiritmiche. Gli assolo così come erano definiti nel JAZZ CLASSICO vengono stravolti verso una loro frammentazione impegnando i solisti in una serie di chiama-e-rispondi con la sezione ritmica. Il pianoforte è inesistente, per l'accompagnamento dei solisti, copiando una tendenza all'epoca attuale anche sulla scena GARAGE - ROCK nella L. A. BAY, viene utilizzato il vibrafono.

Il brano di apertura, una sorta di acknowledgement si intitola HAT AND BEARD. L'inizio è dominio del walking del contrabbasso e dello scampanellare del vibrafono. Un vibrafono scampanellante e psichedelico piuttosto che teso a sviluppare lunghi arpeggi stile pianoforte. È questo l'imprinting che verrà esteso anche alle altre composizioni del disco; ovvero il biglietto da visita di HUTCHERSON uno dei grandi innovatori di questo strumento. La metamorfosi FREE sboccia con gli assolo di clarinetto e tromba su una linea ritmica di batteria percossa con bacchette e spazzole affiancata al contrabbasso con le corde suonate in slap. Quasi una serie di lunghi break orchestrali per la presentazione dei singoli musicisti. Il ritmo è balbettante e l'andatura quella di chi muove i primi passi.

Il secondo brano si intitola SOMETHING SWEET, SOMETHING TENDER. L'arrangiamento prevede le esecuzioni soliste di clarinetto e tromba sopra la pulsazione del contrabbasso suonato prima con l'arco e poi pizzicato. Il brano non si discosta dal suo titolo: dolce, rilassato e quasi ipnotico, di tutto il disco l'anello di congiunzione con il JAZZ del decennio precedente.


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