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In I Love Manderino, la tromba si setta su un piano acustico, sovrapponendosi ad una ritmica di marcata matrice House e un accenno finale di gospel algerini.
I computer riprendono il controllo nella track numero dieci, Manor House, dove le note del sitar riecheggiano sopra una ritmica indianeggiante. Il brano è un crocevia di armonie asiatiche, nordafricane e occidentali con pesanti architetture ed un arrangiamento molto elaborato. La tromba si limita ad accompagnare ed il finale è un blasting sonoro sparato su pattern ritmici di matrice Acid.
Ancora acido per la tromba che apre Tatto, undicesimo ed ultimo brano del disco: suonata con la sordina, staziona su registri altissimi, improvvisando sopra una liquida base Space Rock. Chiusura sintetica ed ipertecnologica degna della psichedelia cosmica di 2001 Odissea Nello Spazio.
FEELING…
Tutti i brani sono livellati sullo stesso piano gerarchico: nessuno è stato concepito come hit e nessuno come riempitivo. Malgrado l'album non abbia la pretesa di invenzioni o stravolgimenti assoluti, in virtù della sua essenza, rivisita e ripropone quell'universalità, quintessenza del linguaggio musicale, troppo spesso diluita (o resa inafferrabile) da produzioni miliardarie e distratti ascolti radiofonici.
Un disco molto valido, lontano dall'essere un "polpettone" sonoro che si apprezza anche per la sua interpretabilità; per la sua caratteristica di lasciare intravedere cose sempre diverse ascolto dopo ascolto.
Trattandosi di musica elettronica, le tecniche di registrazione sono allineate a questo status
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