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JAZZ STRUMENTALE | Franco Baggiani  1 | 2 | 3 

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effetto "pelle di leopardo". Un progetto quindi, dove le note oblique della tromba catalizzano questo agglomerato di tecnologia, ritmo, etnia e psichedelia, dove fraseggi veloci suonano sopra a spirali musicali indipendenti. Un progetto dove "il sintetico" e "l'acustico" appartengono alla stessa tavolozza sonora. Un disco iperbolico ancor prima che trasversale, più "avanguardia" che "World Music". Un frattale musicale dove le note si allineano su un labile confine etnico-tecnologico.

Deus ex machina del progetto è la collaborazione tra lo stesso Baggiani e il musicista elettronico-virtuale Mario Leonelli (alias Madhava Das). La tromba di Baggiani è il solista principale, oltre che l'unico strumento registrato quasi per intero in presa diretta, in una singola take. Tromba che spesso ricorre alle elettrificazioni (riverberi, delay); a volte suonata con la sordina Harmon e con un minimo uso di sequenze di loop campionati. Gli altri strumenti che eseguono parti soliste (chitarra, sitar, tabla, flauti e molti altri di provenienza etnica indiana e nordafricana) sono stati suonati da Leonelli, campionati e successivamente elaborati e riorganizzati al computer sempre dallo stesso Leonelli. Le basi ritmiche sono totalmente sintetizzate.

L'ASCOLTO…

After The Jazz è la track numero uno. Iniziano sitar, tromba e tabla per sfumarsi dentro una ritmica Jungle dove suoni sintetizzati e percussioni indiane si ingoiano vicendevolmente.

Anche la successiva Down Beat parte con una ritmica "pompata": chiare le reminiscenze "disco" di fine anni '80, con il beat dei cymbal sintetizzato dal rumore di bomboletta spray.

La tromba suonata con la sordina è riverberata da un effetto eco in un brano interamente controllato dalle macchine, con una forte

impronta cyber che si colloca in uno standard di Jazz Industriale.

Ancora atmosfere Industriali, nelle quali si mimetizza la tromba, in Supervita: sonorità acide e drumming pesante.

Ritorna la Disco Music da afterhour riminese per il brano Lokomotiva. Il sound scivola su due linee parallele: la melodia della tromba affianca una ritmica meccanizzata da cui affiorano rumori prodotti da testate rotanti virtuali.

Alcuni accordi di chitarra acustica aprono Santur: un amalgama psichedelico di fiati, percussioni etniche e ritmiche sahariane.

L'imprinting mistico-psichedelico marca anche i connotati di Indian Dreams che, per tener fede al suo titolo, inizia con le risonanze viscerali e mistiche del sitar, lo strumento psichedelico per antonomasia. Il baricentro è decisamente spostato verso la Musica Classica Indiana con le percussioni tabla che stendono il tappeto ritmico e con la tromba che fraseggia veloce improvvisando sul tema introdotto dalle note dilatate del sitar. È il brano più lungo del disco (quasi undici minuti) ed è anche quello con maggiore impronta acustica.

Transito, la track numero sette si allinea su atmosfere più rarefatte e rallentate: le sonorità della tromba si fanno cool ed il brano si tinge di un velato sapore ambient.

Dopo un giro musicale di mezzo mondo, la seguente Dietro Sieve è dedicata al fiume omonimo da cui prende il nome la vallata nella quale è cresciuto Baggiani. Arrivano, scandite da un tempo jazzato, sonorità Space Rock e una tromba "acida" che improvvisa sopra una base distillata dalle macchine.


(Continua a pagina 3)

 

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