|
|
|
|
|
|
(Continua da pagina 1)
effetto "pelle di leopardo". Un progetto quindi, dove le note oblique della tromba catalizzano questo agglomerato di tecnologia, ritmo, etnia e psichedelia, dove fraseggi veloci suonano sopra a spirali musicali indipendenti. Un progetto dove "il sintetico" e "l'acustico" appartengono alla stessa tavolozza sonora. Un disco iperbolico ancor prima che trasversale, più "avanguardia" che "World Music". Un frattale musicale dove le note si allineano su un labile confine etnico-tecnologico.
Deus ex machina del progetto è la collaborazione tra lo stesso Baggiani e il musicista elettronico-virtuale Mario Leonelli (alias Madhava Das). La tromba di Baggiani è il solista principale, oltre che l'unico strumento registrato quasi per intero in presa diretta, in una singola take. Tromba che spesso ricorre alle elettrificazioni (riverberi, delay); a volte suonata con la sordina Harmon e con un minimo uso di sequenze di loop campionati. Gli altri strumenti che eseguono parti soliste (chitarra, sitar, tabla, flauti e molti altri di provenienza etnica indiana e nordafricana) sono stati suonati da Leonelli, campionati e successivamente elaborati e riorganizzati al computer sempre dallo stesso Leonelli. Le basi ritmiche sono totalmente sintetizzate.
L'ASCOLTO…
After The Jazz è la track numero uno. Iniziano sitar, tromba e tabla per sfumarsi dentro una ritmica Jungle dove suoni sintetizzati e percussioni indiane si ingoiano vicendevolmente.
Anche la successiva Down Beat parte con una ritmica "pompata": chiare le reminiscenze "disco" di fine anni '80, con il beat dei cymbal sintetizzato dal rumore di bomboletta spray.
La tromba suonata con la sordina è riverberata da un effetto eco in un brano interamente controllato dalle macchine, con una forte
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
impronta cyber che si colloca in uno standard di Jazz Industriale.
Ancora atmosfere Industriali, nelle quali si mimetizza la tromba, in Supervita: sonorità acide e drumming pesante.
Ritorna la Disco Music da afterhour riminese per il brano Lokomotiva. Il sound scivola su due linee parallele: la melodia della tromba affianca una ritmica meccanizzata da cui affiorano rumori prodotti da testate rotanti virtuali.
Alcuni accordi di chitarra acustica aprono Santur: un amalgama psichedelico di fiati, percussioni etniche e ritmiche sahariane.
L'imprinting mistico-psichedelico marca anche i connotati di Indian Dreams che, per tener fede al suo titolo, inizia con le risonanze viscerali e mistiche del sitar, lo strumento psichedelico per antonomasia. Il baricentro è decisamente spostato verso la Musica Classica Indiana con le percussioni tabla che stendono il tappeto ritmico e con la tromba che fraseggia veloce improvvisando sul tema introdotto dalle note dilatate del sitar. È il brano più lungo del disco (quasi undici minuti) ed è anche quello con maggiore impronta acustica.
Transito, la track numero sette si allinea su atmosfere più rarefatte e rallentate: le sonorità della tromba si fanno cool ed il brano si tinge di un velato sapore ambient.
Dopo un giro musicale di mezzo mondo, la seguente Dietro Sieve è dedicata al fiume omonimo da cui prende il nome la vallata nella quale è cresciuto Baggiani. Arrivano, scandite da un tempo jazzato, sonorità Space Rock e una tromba "acida" che improvvisa sopra una base distillata dalle macchine.
(Continua a pagina 3)
|
|
|
|
|
|