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EVENTI MUSICALI

Dave Holland Quintet  1 | 2

(Continua da pagina 1)

impegnati. Steve Nelson è il musicista più istrionico del quintetto: suona inarcandosi sopra il vibrafono, accentuando i millimetrici movimenti sui tasti con delle gestualità che sembrano avvolgere, toccare, le note per infondere loro uno spirito prima che si allontanino.

Il primo brano lascia intravedere quella che sarà un'esibizione maiuscola in una serata che non vuole sentire neanche accennata la parola "amarcord". Parte del merito va anche all'impianto audio: assolutamente all'altezza in quanto a quantità e qualità delle elettroniche impiegate. Il basso è l'unico strumento preamplificato, gli altri sono presi sul palco con microfoni standing, quindi inviati e miscelati dal mixer. Ne esce un suono molto pulito, con un buon contenuto acustico, privo di esuberanze artefatte che si accoppia benissimo all'acustica del teatro.

Sempre in mezzo agli applausi, Holland presenta dal loro ultimo album, un brano scritto da Nelson: Go Fly A Kite, brano più breve, rilassato. Proprio al vibrafonista tocca il primo assolo su cui è incentrato il pezzo: privo di accompagnamento, in un silenzio totale, si esibisce in una caleidoscopica progressione.

Sax tenore e trombone in un rapido fraseggio si scambiano le attenzioni del pubblico anche per lo swingante tema di Not For Nothin', esplorandolo in tutta la sua struttura. Seguono gli assolo di vibrafono e basso (quest'ultimo di chiara matrice mingusiana).

Il ritmo sale con la successiva What Goes Around: una suite con arrangiamenti da big band. L'attenzione è tutta per il sax che improvvisa, alternando atmosfere Free a passaggi melodici, affiancando le accelerazioni della ritmica. Momenti di gloria arrivano anche per una vorticosissima batteria, lanciata come un treno in assolo.

Impegnata a picchiare su ogni sedicesimo, manda il pubblico in delirio: Smith, accompagnato dalle languide armonie del basso, si lascia andare al puro istinto ritmico ciclando come una piovra su hi-hat e tom, su partiture al limite dell'eseguibile.
Il beat dei cymbal e le precisissime toniche del basso accompagnano i solo del sax tenore e del vibrafono nella successiva High Wire. Holland, intercalato nel tema del brano, spinge le sue corde in direzione degli ultimi sessant'anni di evoluzione del suo strumento alternando giri Blues a evoluzioni di derivazione Hard Bop.

Dall'album Points Of View (ECM, 2000) arriva

Bedouin Trail. Anche qui silenzio totale per assistere ai volteggi acrobatici del trombone, il solista principale del brano. La coulisse disegna incroci melodici dove note vellutate scese al limite del vibrato lasciano il posto a veloci fraseggi. Eubanks si conferma uno dei grandi dello strumento, ed il suo rimarrà uno dei solo (sarebbe più corretto dire "una delle lezioni") più interessanti della serata. Un assolo contemporaneamente introspettivo, dinamico e misterioso. Sospinto dalle note basse del leader, un assolo al limite dell'apnea che spreme tutte le tonalità dello strumento. Si agganciano poi al brano anche il soprano di Potter, i rintocchi eterei di Nelson e le spazzolate di Smith per disegnare, con l'onnipresente elettrocardiogramma ritmico di Holland un'atmosfera notturna e rarefatta.
Dopo quasi due ore di concerto Holland propone Free For All, ultimo brano in scaletta, brano nuovo del loro repertorio, una vera chicca regalata all'ascolto dei presenti. L'ouverture è dello stesso leader in assolo, la scena passa poi ad un duetto di fiati e, nel finale, la percussiva esibizione del batterista che spazia dal tribale alla Fusion agganciando e rilasciando prismatiche figure ritmiche.

Arriviamo a due ore di concerto in un solo set, ma fortunatamente, Holland è esattamente come si è mostrato sul palco: pacato, ma anche generoso e di certo, non può restare indifferente alla richiesta del pubblico per un bis che puntualmente arriva: Dream Of The Elders, dall'album omonimo del 1995, brano del repertorio Bop del nostro. In un habitat musicalmente più rilassato, trombone e sax si distendono in liquidi fraseggi guidati da una batteria che, per la prima volta nella serata, abbandona la propria indole poliritmica per allinearsi a passaggi più metronometrici.

"Boia dehh, hanno sonao di nullaa" è stato il commento di due ragazzi livornesi seduti dietro a me a fine concerto. Commento sintetico, ma esaustivo il loro, al quale non c'è altro da aggiungere. Semplicemente speriamo di rivedere Holland e la sua band presto, magari dopo il prossimo album.

Un grazie va a Musicus Concentus e al loro eccellente lavoro di organizzazione.

Luca Buti

 

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